La grande storiella di Haval pt.2

Siamo arrivati ad Erbil, e mio padre aveva solo un pensiero in testa: devi andare a scuola, devi andare a scuola.

Eravamo così poveri, avevamo lasciato tutto a Baghdad, tutti i libri: non avevamo nulla. Nonostante tutto, abbiamo iniziato ad andare di nuovo a scuola, cambiandola ancora una volta. Mio padre è riuscito a trovarne una araba, che si trovava a 30 minuti a piedi da casa nostra. Così, ogni giorno, camminavamo e andavamo. All’inizio, appena arrivati, non avevamo neanche una casa, e ci siamo ritrovati costretti a vivere da mio zio, che viveva già con tre mogli e ventidue bambini. E lui era molto povero. Immagina, non era una bella vita. Ma dopo tre mesi, mia zia, quella ricca che ci sempre aiutato, ci ha dato una casa, gratuitamente.

Abbiamo iniziato una nuova vita: mio padre, per mantenere sei figli, inizia a fare il taxi driver, ma era difficile supportare tutti. Lavorava tanto. Ho iniziato così a sentire una certa responsabilità su questa situazione. E così, dopo la scuola, andavo per le strade a vendere sigarette. Partivo da casa mia, andavo fino alla Citadel, al mercato e urlavo – Sigarette, sigarette, chi vuole sigarette?- Devi tenere a mente che al tempo c’era l’embargo, nessuno aveva soldi. Così onig volta provavo a vendere una cosa diversa: sigarette, chuwingum, poi anche gelati.

Nel 2003 tutto cambia con l’invasione dell’America dell’Iraq, dove siamo di nuovo dovuti scappare a Rowandus. Avevamo paura delle possibili armi chimiche o nucleari che potevano essere usate da Saddam Hussein, se avesse bombardato Erbil.

Ero all’ultimo anno di high school. Devi sapere che normalmente in Iraq l’unica cosa che conta veramente per accedere all’università è l’ultimo anno delle scuole superiori. In base ai voti dell’ultimo anno, puoi scegliere se andare o meno al college e in quale puoi avere accesso. Ho preso tutti i miei libri, non sapevo quando sarebbe durante questa guerra, e sono partito con la famiglia per il Rowandus. Ma l’America invase l’Iraq in pochissimo tempo e così siamo riusciti a tornare ad Erbil in tempo per il mio esame finale. Ho cominciato l’università ma continuavamo ad essere molto poveri. Per questo motivo allora, mio padre decise di iniziare a guidare i camion che dal Kurdistan andavano a Baghdad: era un lavoro rischioso, in pochi lo volevano fare, ma per questo era ben retribuito. Mi chiese quindi di prendere il suo posto come taxi driver. Mi ricordo allora, che le giornate del mio periodo all’università si dividevano in due: part-time ero uno studente accademico, part-time facevo il taxista.  

Mio padre riusciva a guadagnare bene, così la nostra situazione economica iniziò a migliorare. Io laureai nel 2008 e nel 2009 ottenni un lavoro pubblico, lavorando in una prigione per minori. Ma era terribile. Secondo la legge irachena, dagli 11 anni ai 18 anni, i minori possono essere messi in prigione anche solo per aver rubato qualcosa. Quell’esperienza non mi piacque per nulla e così tornai a fare, semplicemente, il taxista.

Un nuovo inizio

Dal 2005 al 2008 ero un taxi driver. E siccome avevano finalmente aperto le frontiere di Erbil agli stranieri, alcune ong e archeologi cominciarono a venire nel Kurdistan iracheno. Al tempo, il taxista non aveva una grande reputazione, molti taxisti infatti non si comportavano bene con le donne: provavano a molestarle, le portavano in destinazioni sbagliate. Un giorno, per caso, una donna filippina che aveva bisogno di un passaggio, mi ha fermato. Io mi sono comportato in maniera molto educata e sono stato corretto. Così mi chiese, in curdo perché lo conosceva, dal momento in cui mi ero comportato correttamente ed ero un bravo taxi driver, se potesse avere il mio numero di telefono. Io glielo diedi. Non ho mai incontrato di nuovo quella donna, ma fu lei ad aprire le porte, per me, sul mondo.

In pratica, la comunità filippina in Kurdistan si incontrava ogni domenica in chiesa, per pregare. In molte occasioni, le donne si lamentavano perché non riuscivano a spostarsi, non si fidavano dei taxisti e avevano avuto brutte esperienze. Voglio ricordarti che era il 2009, le persone non erano molto openminded, aperte mentalmente… La signora, allora, disse di avermi conosciuto e che ero stato un bravo autista. Un’altra signora allora le chiese il mio numero di telefono. Era filippina, ma nata in Italia. Così il giorno dopo mi ha chiamato, ma io non sapevo una sola parola in inglese. Quello che ricordo di quella conversazione era solo un “bla bla bla” così ho messo giù la chiamata. La signora allora mi ha mandato un messaggio in inglese, ma non sapevo leggerlo. Per fortuna, due giorni dopo, una mia cugina laureata in inglese, è venuta a trovarmi e mi ha tradotto il messaggio dicendomi: “Oh Haval, questa è un’insegnante italiana dell’International School. Ti vorrebbe come taxi driver, perché ha saputo che sei una persona onesta e un autista raccomandabile.” Quando mia cugina mi ha detto che una signor italiana mi voleva come taxista, le ho supplicato di chiamarla per accettare subito. Così ho ottenuto l’indirizzo e sono andato davanti alla scuola. La scuola era aperta dal 2009, era il primo anno. Al tempo, c’era solo la scuola materna con solo 7 insegnanti. Così mentre aspettavo la signora fuori dal plesso ero convinto che sarebbe salita sul mio taxi una signora italiana. Invece, entrò nel mio taxi, una signora dai tratti filippini. Io ero confuso non sapevo cosa fare, e non potevo parlare con lei in inglese. “Let’s go”, mi disse e iniziò a parlarmi. io ero ancora più confuso ma mi fidai e la portai all’ indirizzo che mi era stato detto. Semplicemente non avevo capito che fosse una signora filippina, nata in Italia. Lei iniziò a dare il mio numero di cellulare a tutti gli altri insegnanti, americani, inglesi, australiani e neozelandesi. Mi chiamavano tutti i giorni. Ho chiesto a mia cugina di preparare un messaggio dove spiegavo che non avrei risposto al telefono perché non sapevo l’inglese e dove chiedevo di scrivermi le cose essenziali: dimmi dove ti devo portare e a che ora, fine.

Quindi le mie giornate passavano come taxidriver portando in giro gli insegnanti. Ho così cominciato a studiare e comprendere l’inglese, che piano piano migliorava. Questa signora italiana ha poi deciso di introdurmi a cinque archeologi italiani. Mi spiegò che ogni giorno avrei dovuto portarli dall’ufficio fino alla casa che affittavano andata e ritorno, al mattino e alla sera. Divenni un buon amico con questo gruppo di archeologi italiani, che hanno cambiato il mio modo di vivere: ogni weekend mi portavano nei siti archeologici. Ho iniziato così a scoprire un nuovo mondo. Così tutti i giorni avevo come clienti sia gli insegnanti che gli archeologi e il mio inglese continuava a migliorarsi. Ma non solo, nel 2011 la scuola assunse altri venti insegnanti internazionali, la mia amica italofilippina mi invitò al meeting party: “Haval diamo una festa di benvenuto per i nuovi insegnanti, e credo possa essere una buona occasione per il tuo business, quindi vieni, parlerò bene di te!”

Ma al tempo, seguivo la religione in maniera molto radicale ed attenta. Quando sono arrivato a quella festa, per la prima volta ho visto vino, ragazze bionde con vestiti corti e mi sono detto: “OH, OH WHAT IS GOING ON.” “OH, OH COSA STA SUCCEDENDO”. Io non avevo mai toccato neanche la mano di una donna, neanche per presentarsi e mi sono impanicato. Quando si va in moschea da piccoli, ci viene detto che quando andremo in paradiso troveremo vergini bionde, con gLi occhi blu. Ero così confuso…Ero giovane al tempo, e per me quel meeting era stato spaventoso perché pensavo che non appena sarei uscito da quella festa sarei andato direttamente all’inferno. Era stata una cosa estrema per me. Ero confuso, sudavo. Ricordo che quando una donna mi ha dato la mano per presentarsi ero imbarazzato, poi una donna irlandese mi ha abbracciato ed io ero wooooooow, era una cosa mai vista prima per me. Ma quella notte è stata terribile, per me. Ero rosso in faccia, ero in imbarazzo. Ma è stato un evento carino anche se come sono tornato a casa ho deciso di andare direttamente in moschea, per pregare e farmi perdonare, continuavo a dire – PLEASE GOD FORGIVE ME- (ride)

Così il mio business cresceva anche perché gli stranieri pagavano anche molto bene. Allo stesso tempo, visto che ero il figlio maschio maggiore, tutta la mia famiglia mi pressava sulla questione del matrimonio. Visto che il business era buono ho deciso di sposarmi. Ho conosciuto mia moglie, grazie ad un amico. Ho parlato con lei per un’ora e mezza e ho subito capito che era lei quella giusta. Ci siamo conosciuti a dicembre e ci siamo sposati il 2 febbraio.

Dal vendere ai semafori a diventare una delle guide turistiche più famose del Paese

Arriviamo ora al punto, su come sono diventato una guida turistica. Il 20 febbraio, quindi qualche giorno dopo il matrimonio, ricevetti una chiamata. Erano tre inglesi, che volevano andare a visitare alcuni posti, in cui io non ero mai stato prima d’allora. Io non sapevo neanche dove fossero. Ma mi rassicurarono, dicendomi che sapevo un po’ d’inglese e conoscevo il curdo quindi ce l’avremmo fatta. Così per tre giorni ho fatto da taxi driver per loro, portandoli in tutti i posti richiesti. Ci eravamo molto uniti come gruppo, e così l’uomo che era seduto vicino a me, in macchina, mi disse che stava scrivendo un libro: “Posso mettere il tuo nome nel libro?” Allora gli ho chiesto di cosa trattasse il libro. Mi ha risposto “TOURISM”, quindi turismo. Ma il mio inglese non era ancora molto buono, io capii “TERRORISM”, quindi terrorismo. E ho iniziato a dire di no. “NO, NO I DONT’ WANT TO GO IN YOUR TERRORISM BOOK” Ma lui continuava ad insistere e io continuavo a dire di no. Poi ad un certo punto, mi disse che sarebbe stata una buona mossa per il mio business, e allora gli dissi di fare come voleva. Mi mi informò del fatto che il libro sarebbe uscito nel dicembre del 2012. Ma poi me ne dimenticai.

Nel gennaio del 2013, mi arrivò una mail: – Ciao Haval, ho letto su di te nella Lonely Planet. Vorrei chiederti di farmi da guida per il mio prossimo viaggio.- Non avevo capito assolutamente nulla da quella mail. Così ho preso la macchina e sono andato all’università, dai miei amici, per farmi spiegare di cosa si trattasse. Sono andato dal mio amico Eugenio, e gli ho chiesto: “Ma cos’è una Lonely Planet? L’ho anche cercato sul dizionario ma non ha senso…” “Haval come ci è finito il tuo nome in questo libro? È veramente famoso per i viaggiatori, per il turismo.” Allora solo lì ho messo la parola nel dizionario online e ho capito che tourism e terrorism sono due cose diverse. Allora mi sono ricordato del ragazzo che mi aveva chiesto il permesso per il libro. E il mio business come tour guide è iniziato lì, ho ripagato tutti i debiti per la casa, il matrimonio, per tutto.

Ho iniziato a lavorare anche per diverse Ong arrivate in loco per aiutare i rifugiati siriani, inoltre lavoravo per gli archeologi, gli insegnanti della scuola internazionale, e i turisti che mi chiamavano tramite la Lonely Planet. L’anno del 2013 è stato incredibile. Così mi sono fatto coraggio e ho deciso di comprare una casa, con mia moglie. Lei ha venduto dell’oro che aveva e io ho chiesto ad un cugino di imprestarmi un terreno. E abbiamo costruito questa casa. Il giorno prima di trasferirci, l’Isis si era troppo avvicinata ad Erbil e tutto crollò. Tutti iniziarono a chiamarmi, gli archeologi, gli insegnanti e le ong: tutti volevano che li portassi in aeroporto. E quella notte in cui l’Isis era così vicina, mio padre mi chiamò, preoccupato, chiedendomi di partire, per l’ennesima volta, verso Rowandus, verso l’Iran.. Mio padre ero preoccupato perché tutti gli altri fratelli avevano già lasciato Erbil tranne io con mia moglie. Allo stesso tempo, mi avevano chiamato anche dei curdi finlandesi che mi chiedevano aiuto con un passaggio per accompagnarli verso il confine e scappare. Inoltre il giorno dopo sarebbe dovuto essere il giorno in cui io e mia moglie ci trasferivamo in questa casa. Ho deciso di ridare aiuto come ricompensa di quello che avevo ricevuto. Così, quella notte ho dato un passaggio a questi miei amici curdi, fino al confine e ho deciso di trasferirmi, in questa casa. L’Isis non arrivò mai ad Erbil. In ogni caso, dopo due mesi, senza lavorare, sono riuscito a trovare un nuovo business: diventare il fixer per i giornalisti che venivano nel paese, come corrispondenti, per raccontare quello che Isis stava facendo. Sono stato al fronte con loro, e per ben due volte ho rischiato di essere ucciso. Nel 2017, quando l’Isis è stato definitivamente sconfitto, pian piano gli stranieri sono tornati ad Erbil. Anche a causa del numero sempre più alto di rifugiati, molte ONG sono tornate a cooperare nella zona. Così sono tornato a lavorare, e come ho visto che la situazione in Iraq era sempre più tranquilla, ho avuto il presentimento che Baghdad, la capitale, sarebbe potuta diventare, un giorno, una città sicura. Così ho chiesto a mia moglie di andare a esplorare la città: sapevo che un giorno la città sarebbe stata aperta anche ai turisti. Ci sono andato tutti gli anni, fino a quando nel 2021 il Papa, vistando l’Iraq, ha reso possibile di nuovo l’apertura delle sue frontiere anche ai turisti internazionali. E così, con l’arrivo dei primi turisti, il mio business è esploso. Sono riuscito ripagare tutti debiti della casa e ora ho un nuovo progetto: costruire un ostello nelle montagne vicino ad un canyon, qui nel Kurdistan. Grazie a Dio ora va tutto bene. Io credo nel karma se tu vai cose buone, le cose buone torneranno a te.

Pubblicato da Grandi Storielle

La tua grande storiella conta. Qui raccogliamo storie di personali normali, ma per questo non meno importanti di quelle delle persone note. Si vuole ritornare ad interrogare il sociale, quello vero, tramite le loro storie, anzi, le loro grandi storielle.

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