Creare nuovi rifugi
Esiste un’iniziativa molto interessante che ha coinvolto diverse librerie e biblioteche per tutto lo stivale. Da un’idea della casa editrice marchigiana Settenove, il progetto “RIFUGI” coinvolge tutte quelle librerie e biblioteche che hanno aderito a un percorso di formazione sul tema della violenza di genere e sul suo contrasto attivo.
Come si legge dal sito della casa editrice:
Il progetto è nato nel 2023 da un’idea di Settenove, con la collaborazione di Percorso donna APS e Emme Promozione, in occasione dei dieci anni della casa editrice, con l’obiettivo di creare presidi territoriali antiviolenza diffusi e contribuire a creare o rafforzare una rete territoriale informale di realtà sensibili al tema. Il progetto si compone di:
– tre incontri di formazione gratuita alle librerie/biblioteche aderenti
-la visibilità di queste librerie/biblioteche attraverso un kit di riconoscimento (adesivo, pannello numeri utili)
-un libro in dono alla Casa rifugio più vicina alla libreria per ogni libreria/biblioteca aderente. Con Casa rifugio si intende il luogo a indirizzo segreto in cui vengono accolte per un certo periodo le madri con figli e figlie minori scappate dalla violenza.
Qui di seguito è possibile visionare la mappa delle realtà che hanno aderito all’iniziativa.
Ho voluto incontrare una delle realtà che ha deciso di diventare “Rifugio”. Per questo mi sono recata a Bresso, per conoscere la storia de La Sartoria Letteraria e le sue “sarte e libraie” che potreste trovare al suo interno, come Stefania Barile, titolare della libreria; la sua collaboratrice Francesca.
La grande storiella de La Sartoria Letteraria
STEFANIA: La Sartoria nasce da un mio desiderio a lungo coltivato. Il mio sogno di bambina era aprire una libreria!
Non l’ho fatto fino al 2020. Mi sono laureata in legge e ho fatto il praticantato notarile, ho quindi lavorato principalmente come collaboratrice notarile per tantissimi anni. E poi succede che nel 2020, quindi in pieno Covid, si è liberato questo locale di proprietà dei miei genitori. Devi sapere che questo posto è stato proprio casa mia: i miei genitori abitano ora al piano di sopra. In questa sala dove ora vedi i libri, quando ero piccola, c’erano la cucina e la sala, col caminetto là. Quindi la sento ancora come casa mia, sia perché lo è stata e sia per quello che è diventata: una piccola libreria indipendente.
E così come sai, da un’idea nasce un’altra idea, e oltre alla piccola libreria si è impiantato qui un nucleo di persone desiderose, come me, di stare intorno ai libri: non solo di leggerli ma di creare attività, di prendere spunto per proporre percorsi, corsi di lettura, di scrittura o momenti di incontro, dove al centro ci siano i libri e la cultura libresca.
L’inaugurazione de La Sartoria Letteraria è stata il 10 ottobre 2020. Era un sabato mattina quando abbiamo inaugurato questo luogo che se prima era rifugio solo per me, ora lo sta diventando per altre persone.
L'idea è di creare un posto del cuore dove almeno sul territorio si possa venire non solo per parlare di libri ma anche per passare un momento in armonia, in tranquillità. Noi diciamo sempre un posto dove ognuno sia libero di stare e sostare.
Ogni tanto qualcuno passa di qui e ci dice: “No, sono passata solo per salutare” e poi si siede qui come sei seduta tu e chiacchieriamo anche per un’ora! Mi piace pensare che sia un posto in cui quando ci si passa davanti si dica: “Ah, mi fermo un attimo”.
FRANCESCA: Ed è una cosa che lei è riuscita a creare. Io sono arrivata dopo. Stefania ovviamente incarna la figura della libraia, io cerco di seguire le attività parallele: presentazioni e comunicazioni con l’esterno, come il sito internet.
Una libreria Rifugio
STEFANIA: Conoscevo da tempo la casa editrice Settenove e tramite Instagram avevo scoperto questa iniziativa di formazione per librai e bibliotecari, nel saper fornire alle donne che hanno subito violenza tutte le informazioni necessarie sulla rete dei centri antiviolenza del proprio territorio.
La libreria diventa così un posto dove le donne discriminate possono sicuramente trovare accoglienza, ma non nel senso di essere sostenute terapeuticamente o legalmente (non un posto dove possano denunciare gli abusi che subiscono) ma nel quale riescono a capire cosa devono fare, dove devono andare. Detto in termini semplici: alla porta della libreria abbiamo appeso il bollino rosso, che segna che siamo libreria-rifugio, e il QR code che rinvia a tutti i centri di antiviolenza in Italia, dove lì sì che possono essere accolte e assistite dal punto di vista legale e psicologico.
Quindi le librerie rifugio diventano un punto sul territorio, dove poter ricevere informazioni e poter essere indirizzate verso i centri competenti per dare un vero aiuto e iniziare un percorso. È un luogo che permette un primo conforto e confronto, crediamo che questo clima più familiare possa aiutare le donne a sentirsi più a proprio agio nel confidarsi.
È un primo punto di ingresso verso un luogo sicuro dove sai che potresti raccontarti anche senza dire il tuo nome: non è necessario che ti presenti, noi comunque ti diamo tutte le informazioni che ti possono servire.
La libraia Stefania ha anche creato un’associazione di promozione culturale legata a La Sartoria Letteraria. Ovviamente si parte dai libri e si arriva ai libri, e negli incontri organizzati c’è sempre stata una particolare attenzione al tema femminile.
S: Quindi spesso quello che si propone è sempre un qualcosa che poi possa aprire dei dialoghi e mettere a proprio agio le donne nel raccontarsi, magari proprio partendo dalla storia di un libro, durante i nostri gruppi di lettura. A volte c’è quasi della difficoltà a moderarli, perché ci rendiamo conto che certi libri, certe storie, riescono a scatenare delle emozioni e delle confessioni, per cui sono le stesse partecipanti a iniziare a raccontarsi senza freni.
F: Le paroliere è il nome di questo gruppo di lettura, che a noi piace proteggere, come appunto un rifugio, dove le persone che partecipano si possono sentire libere di esprimersi sapendo di non ricevere alcun giudizio.
La formazione
S: La libreria-rifugio diventa il punto di ascolto e un posto molto accessibile. Come vedi è una vetrina che dà direttamente sulla strada, poco identificabile e quindi non giudicante, dove poter ascoltare.
Sulla formazione si è molto insistito su un punto: NON siamo noi le persone che devono dare assistenza, ma un’accoglienza che rimanda ai centri e alle istituzioni formate per questo. Dobbiamo essere ricettivi sul territorio ma senza intervenire.
Sappiamo che la violenza sulle donne esiste, sappiamo tutti che c’è questo problema: per questo, trovare dei posti sulla strada in cui poter entrare, sapendo che lì ci sono delle persone che sanno che queste cose possono accadere e sono pronte, appunto, a indirizzarti, a dirti: “Va bene, entra un attimo, siediti”, è l’obiettivo.
Abbiamo fatto la formazione online ormai due anni fa: semplicemente mandando una mail alla casa editrice Settenove. La formazione si compone di due fasi, nella seconda si ha la possibilità di ascoltare psicologi, avvocati e associazioni che lavorano da anni sul tema e sono molto attive sul territorio nazionale. Quello che rimane più impresso alla fine del percorso è la parte che riguarda le cose che NON si devono fare: essere interventisti o esprimere pareri o giudizi sono alla base di tutto quello che bisogna evitare. Alla fine del corso ti inviano un kit, che comprende delle cartoline e gli adesivi, tra cui il bollino rosso e il QR Code che rimanda a tutti i centri antiviolenza.

S: A me è capitato di aiutare prima di diventare libreria rifugio, un paio di volte. Lì mi ha aiutato la mia formazione come mediatrice familiare, ho dato loro le informazioni per rivolgersi ai centri competenti. C’è un centro antiviolenza qui vicino si chiama Mittatron, che ha la propria sede all’interno dell’ospedale Bassini.
Però è interessante che già prima che la libreria avesse aderito all’iniziativa, due donne avessero visto comunque lo spazio della libreria come un rifugio dove raccontarsi.
Perché succede spesso che i libri aiutino a parlare di sé senza parlare di sé. Spesso si possono mandare dei segnali o certi messaggi, partendo proprio dai libri. In quei casi era successo che mi venisse chiesto di leggere libri particolari, che parlassero di storie di abusi o storie di relazioni tossiche. Così, iniziando a chiacchierare, o forse meglio dire, iniziando a mettersi in ascolto, con un atteggiamento aperto, le persone si sono sentite rassicurate e hanno iniziato a parlare di sé. Ed è così che a un certo punto si può intervenire dicendo: “Guarda che esiste questo posto specializzato sul territorio, vicino a noi.”
Secondo voi questa iniziativa di creare degli spazi meno istituzionali che possano diventare dei luoghi rifugio, anche presenti in territori più piccoli, può diventare un modello, dopo una corretta formazione e sensibilità di chi si mette all’ascolto? Sarebbe bello trovare “più bollini rossi” davanti più luoghi sicuri nei nostri territori?
Sì, sarebbe importante. Perché più gli spazi sono neutri, poco identificabili da parte della comunità che sta fuori, (perché non è solo l’abusante ma anche l’occhio giudicante del vicino di casa, della persona che ti conosce, che può frenare l’inizio di un percorso o anche semplicemente il fatto di iniziare a confidarsi con qualcuno) più c’è possibilità di sentirsi liberi di parlare.
E poi è importante il nostro adesivo perché riconosce che il problema esiste. Anche solo per chi ci passa davanti e lo vede. E poi il qrcode è attaccato all’esterno proprio perché tutti lo possano usare per informarsi anche senza entrare o parlare direttamente con noi.
Secondo noi dovrebbe essere replicabile soprattutto negli spazi che fanno promozione culturale; sicuramente le librerie e le biblioteche, in quanto presidi culturali e di resistenza attiva, si prestano bene.
F: “Ma non solo. Durante la presentazione di un libro, che trattava il tema dello stalking, una volontaria di un’associazione di Monza aveva raccontato il loro programma di sensibilizzazione di quelle figure professionali che sono direttamente in contatto con un pubblico femminile – parrucchiere, estetiste…- per imparare a cogliere da alcune parole o segni fisici se le proprie clienti avessero bisogno di aiuto. E ovviamente, anche in quel caso, dare le giuste indicazioni. “Voi non potete rendervi conto di quanto certi ambienti possano favorire alcune confessioni e richieste indirette di aiuto da parte delle donne” aveva commentato.
Ultima domanda: perché Sartoria Letteraria?
Perché ci piace l’idea che un libro sia come una stoffa che ti avvolge, che ti si cuce addosso. E poi qui è tutto fatto su misura: se ci pensi anche l’atto di procurare quel libro per quel lettore o quella lettrice è un atto fatto su misura. Inoltre, l’atto del cucire si presta anche a tante immagini, no? È un lavoro collettivo, un momento in cui nel passato le donne si incontravano per stare insieme e raccontarsi.
E poi nell’Odissea per Penelope l’arte del cucire diventa la sua salvezza .