Questa grande storiella serve a tante cose. Una fra queste è rileggere e riguardare con occhi diversi la grande storiella di S. che puoi ritrovare qui.
Avevo da poco concluso la mia esperienza sulla Life Support di Emergency, dopo dieci giorni di navigazione e un soccorso di quarantanove persone nella giornata di martedì 12 novembre. Se nella grande storiella di S. racconto, o meglio riporto, la grande storiella di una ragazza siriana che mi ha raccontato le sue scelte degli ultimi anni che l’hanno portata ad arrivare fino in Libia per tentare la rotta del Mediterraneo Centrale; con questa grande storiella vorrei cercare di cambiare prospettiva sul racconto già fatto.
Mare Monstrum
Dal 2014, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’UNHCR, oltre 30.000 persone hanno perso la vita tentando di attraversare il Mar Mediterraneo, di cui più di 20.000 nella sua rotta centrale. Emergency fornisce in un dossier specifico, una serie di dati raccolti durante tutti i soccorsi effettuati in mare nel 2024: si intitola “Il confine disumano”
Ho visto la prima volta la Life Support senza conoscerne a fondo la storia. Ci sono salita per scoprirla, al porto di Livorno, POS assegnato per la missione precedente. Il POS indica il posto sicuro assegnato dopo un soccorso: come emerge dal report, molte ong stanno riscontrando l’assegnazione del POS in porti sempre più a nord in Italia: questo prevede un aumento dei giorni di navigazione sia per le persone soccorse che per tutto l’equipaggio; un importante dispendio economico; l’aumento di giorni in cui la nave è lontana dalle acque dove potrebbe prestare soccorso. Nel report, Emergency segnala come questa prassi ormai consolidata del governo
italiano abbia costretto la Life Support a percorrere 630 miglia
nautiche in più in media per ogni missione, impiegando oltre
tre giorni di navigazione e migliaia di soldi persi e non solo:
Come previsto dalla normativa
internazionale, gli Stati devono coordinarsi e cooperare
nelle operazioni di soccorso e nell’individuare al più presto un porto sicuro (Convenzione SOLAS, Cap. V, Reg. 33; Convenzione SAR, par. 3.1.9; Risoluzione MSC 4 167(78), par 6.12, Regolamento (UE) n. 656/2014, art. 2.12) dove lo sbarco deve esser effettuato non appena ragionevolmente praticabile (Risoluzione MSC.153 (178)).

Quando sono arrivata davanti alla nave, sul suo fianco ho letto una delle frasi più emblematiche del pensiero di Gino Strada e di Emergency:
I diritti umani devono essere i diritti di tutti gli uomini, ma proprio di tutti, altrimenti si chiamano privilegi.
Assistere a tutto quello che sarebbe successo in quei dieci giorni è stato un grande privilegio di testimonianza storica e umana. Tra le testimonianze e storie raccolte mentre la nave rossa e bianca della Life Support si dirigeva in acque internazionali dopo le dovute esercitazioni, c’è anche quella di Flavio.
La grande storiella di Flavio
Flavio, una delle prime persone che ho conosciuto salendo a bordo, ricopre il ruolo di deck leader: per il solo fatto di voler essere parte di questa cosa che poteva sembrare tanto impossibile e invece è più reale che mai, partecipa come volontario. Proprio lui che faceva parte della Marina Militare, ora mette le sue competenze al servizio della ricerca e del soccorso nella rotta del Mediterraneo centrale.
FLAVIO: Ho sempre sentito vicine le cause che stanno a cuore a Emergency, ancora prima di conoscerne direttamente l’esistenza. Poi, un giorno, a Roma, ho iniziato a notare quei ragazzi ai banchetti informativi: li incrociavo per strada, e ogni volta cresceva in me il desiderio di far parte di quella squadra. Di stare “dall’altra parte del banchetto”, insomma. Così ho contattato la sede romana di Emergency e ho partecipato agli incontri previsti per conoscersi reciprocamente.
Al termine di quel percorso, ho voluto essere trasparente: “Sono un militare”, ho detto. Mi chiedevo se la mia posizione fosse compatibile con i valori pacifisti dell’associazione. La risposta fu semplice e rassicurante: “Non c’è nessun problema”. Così è cominciata la mia esperienza da volontario, era il 2006. Ho continuato a prestare servizio nella Marina fino al 2014, e per otto anni ho vissuto questa doppia appartenenza in modo limpido, senza mai nascondere nulla, nemmeno in ufficio dove ogni tanto portavo i volantini degli eventi di Emergency.
Sono un ingegnere navale, ho fatto carriera come ufficiale di macchina sulle navi. Quando ho saputo del progetto della Life Support — una nave per la ricerca e il soccorso dei naufraghi nel Mediterraneo — ho sentito di poter dare il mio contributo. La nave era ancora in Norvegia e doveva essere adattata alla sua nuova funzione. Mi sono messo a disposizione per seguire i lavori in cantiere, forte anche della mia esperienza pregressa. La mia disponibilità è stata accolta, e il 4 agosto 2022 sono salito a bordo: ho trascorso cinque mesi sulla nave, fino a dicembre, prima che partisse per la sua prima missione.
Pensavo che il mio impegno si sarebbe concluso lì. Ero pronto a salutare la nave, con un po’ di commozione, certo, ma convinto che il mio compito fosse finito. Invece, conoscendoci meglio con il team e con il capo progetto, mi è stato chiesto se volessi partecipare anche alle missioni in mare. Mi hanno dato una settimana per pensarci. Ho risposto in due secondi.
“Ma non chiedi a tua moglie?” mi hanno detto. “No”, ho sorriso. “Se è mia moglie, so già cosa pensa.” Anche lei è volontaria di Emergency, e condividiamo da sempre gli stessi valori.
Sono partito con entusiasmo e con orgoglio: il mio e il suo.

A bordo della Life Support, il mio ruolo è quello di coordinare tutte le operazioni che avvengono sul ponte durante i soccorsi: la messa in mare e il recupero dei gommoni, dei dispositivi di salvataggio individuali e collettivi, e soprattutto il primo impatto con i naufraghi mentre stanno salendo a bordo della nave. Infatti, una volta che sono stati trasbordati dai gommoni alla nave, spetta e me la prima accoglienza, in quel momento cruciale in cui le persone escono — letteralmente o simbolicamente — dall’acqua e dal pericolo.
Sono io a dare loro il primo benvenuto. E ne sono profondamente onorato.

Il momento dello sbarco: Flavio abbraccia una persona ospitata sulla Life Support dal soccorso all’arrivo al POS assegnato.
La grande storiella di Flavio è stata già ripresa da diversi giornali: qui un video di Repubblica e qui un articolo lungo de Il Fatto Quotidiano