Qual è la grande storiella del vostro progetto?
“Gli scrittori della porta accanto” è un gruppo quasi interamente al femminile: Valentina Gerini, Stefania Bergo, Tamara Marcelli, Ornella Nalon, Davide Dotto e Silvia Pattarini. Abbiamo iniziato a collaborare insieme verso la fine del 2014 e nel 2015 è nato il sito. Ci siamo conosciute grazie ai nostri libri, leggendoci a vicenda per caso e grazie ai social network. Inizialmente il sito è nato come un blog in cui postare delle recensioni dei nostri libri o dei libri di altri autori. La redazione si trova in Italia, anche se non vi è una vera e propria sede, poiché siamo sparsi un po’ ovunque, per esempio io sono in Toscana e la mia collega Stefania Bergo è in provincia di Rovigo. All’interno di questo progetto, ognuno di noi ricopre un ruolo diverso: Stefania Bergo si occupa principalmente della grafica, io mi occupo dei social, del marketing, dei corsi e delle pubblicazioni dei nostri libri. Ornella Nalon si occupa della comunicazione della posta (tutto quello che é mail), Silvia Pattarini si occupa delle interviste agli autori, Tamara Marcelli della poesia e Davide Dotto dell’editing. Inoltre, io, Valentina Gerini, e Stefania Bergo, abbiamo aperto una sessione dedicata ai viaggi nel blog, in quanto fortemente interessate a questo ambito. Allo stesso tempo, chi è appassionato di cucina, parlerà di cucina e cosi via. Nel tempo il sito si é evoluto e si è soprattutto ingrandito, infatti oggigiorno abbiamo molti collaboratori anche dall’estero: dalla Francia o dall’Australia. Da questo punto di vista, siamo molto internazionali.
Perché questo nome?
Quando abbiamo deciso di aprire la collana editoriale, e dovevamo quindi trovare una descrizione che rappresentasse la collana, abbiamo scritto: “Siamo scrittori per passione, della porta accanto per non mettere troppo spazio tra noi e i nostri lettori, siamo la vicina di casa, il cassiere del supermercato, la giornalista, l’ingegnere, la guida turistica, l’insegnante, l’artista, il medico. Gente comune con storie fuori dal comune da raccontare”. In questo modo, si crea un ambiente più conviviale, poiché la descrizione “della porta accanto” dovrebbe dare l’impressione che quel gruppo di persone è “alla mano”, è “il vicino di casa”: sempre pronto ad aiutarti con la differenza che questo vicino di casa ha una particolarità, ha delle storie da raccontare.
Di cosa vi occupate più precisamente?
Sul sito pubblichiamo costantemente articoli e recensioni. Si spazia dalla letteratura, ai viaggi, all’ attualità, al cinema e al teatro. Abbiamo il sito, che noi chiamiamo “web magazine culturale”, ed esso racchiude un po’ tutto ed è la piattaforma in cui pubblichiamo. Oltre a questo, curiamo la collana editoriale, anch’essa chiamata “Gli scrittori della porta accanto” con la quale pubblichiamo libri: li riceviamo, li selezioniamo, facciamo editing e ci dedichiamo alla grafica. È necessario sottolineare, però, che non siamo una casa editrice a pagamento. Ci occupiamo inoltre dei servizi editoriali, come l’intervista all’autore che vuole visibilità, con i quali ci manteniamo insieme ai corsi online (nati durante il lockdown), come il corso di swahili (fatto esclusivamente in beneficienza) o di inglese o di yoga. Paghiamo il docente e quello che rimane viene investito nel sito o nella grafica. Infine c’è l’associazione, l’involucro che racchiude tutto.
La particolarità di questo progetto sta inoltre nel fatto che abbiamo quasi tutte un’età diversa, che va dai trenta ai sessant’anni e questo fa si che ci sia uno scambio continuo e soprattutto una condivisione di esperienze diverse.
Cos’è per voi la scrittura?
“La scrittura è un’espressione di se stessi, molto spesso si scrive per esprimere qualcosa, perché non è detto che poi tu venga letto da qualcuno”. Penso che questa sia una definizione di scrittura condivisa da tutto il gruppo. Da appassionate scrittrici siamo appassionate lettrici, queste due cose vanno di pari passo. Mentre un lettore può leggere e basta, uno scrittore non può non essere un lettore. Io, personalmente, non mi sento né più scrittrice né più lettrice, sono entrambe nello stesso modo.

In particolare tu, Valentina, di cosa ti occupi all’interno del progetto?
All’interno del progetto io mi occupo dei social, principalmente di Instagram. Mi dedico della comunicazione con gli autori della nostra collana editoriale e di tutti i corsi che offriamo. Li creo, li seguo e li porto avanti. Tengo inoltre le fila dell’associazione e della parte amministrativa. Infine, sono una delle fondatrici e anche la vice-presidente. Quello che conta all’interno del gruppo è soprattutto il lavoro di squadra.
La nostra decima storiella inizia con: “É il grande dilemma dei giovani. Partire rimanere. Viaggiare o restare”. Dato che ti occupi anche di viaggi e organizzi corsi di lingua online, come quello di swahili per viaggiatori, cosa ne pensi?
Innanzitutto il mio consiglio è quello di “partire”, sempre. Ed è quello che ho fatto io quando ero giovanissima, perché il mio sogno era proprio quello di andare in giro e trovare un lavoro che mi permettesse di viaggiare. Sono partita a vent’anni, facendo l’assistente turistica, un lavoro che mi portava a cambiare meta ogni sei mesi. Successivamente, sono diventata accompagnatrice turistica: ho continuato a viaggiare, ma ad un certo momento della mia vita sono tornata a casa. La mia passione del viaggio è nata quando ero ancora una ragazzina, quando iniziai a sentire che il posto in cui mi trovavo mi stava stretto. C’è chi sta bene nel posto in cui é nato, io invece dovevo vedere, dovevo esplorare questo modo così magnifico. Quindi il consiglio che do sempre ai giovani è di “prendere e andare”, perché quando ritorni, ritorni sicuramente diverso e migliore. Ti accorgi inoltre che il mondo non finisce al confine del tuo paese, ma che c’è altro. Le realtà nel mondo sono infinite e il viaggio ti permette di capire e ti apre la mente. Del viaggio ne ho fatto una vera e propria professione. Poi parallelamente ho portato avanti questo progetto che mi ha salvata durante il lockdown, dato che non si poteva viaggiare.
Cosa é il viaggio per te e in che modo ti senti cambiata?
Il viaggio per me è esperienza, non necessariamente deve essere sempre un viaggio diverso. Molto spesso a me piace tornare nei posti già visitati, poiché c’è sempre qualcosa da scoprire ancora o qualcuno da trovare. A me il viaggio ha fatto capire che il mondo non gira intorno a me, non gira solo intorno al mio paesino, ma che là fuori c’è tanto da scoprire. Mi ha resa più aperta. “Io penso che la decisione di viaggiare sia stata la scelta più bella che io abbia mai preso, sono quello che sono oggi, grazie a quella decisione”. Viaggiando ho incontrato quello che è mio marito oggi, nato in Repubblica Dominicana e ora ho una figlia italo-dominicana. “Io devo tutto ai viaggi”.
Ora che hai una famiglia, riesci comunque a viaggiare? E soprattutto, hai mai sentito il bisogno di fermarti?
Sì, ho sentito il bisogno di fermarmi perché ero un po’ stanca, soprattutto perché viaggiavo per lavoro e non ero io a scegliere le destinazioni, anche se quelle che mi sono state assegnate non erano niente male: sono stata a Zanzibar, a Santo Domingo, in Grecia, ecc… posti paradisiaci. Ad un certo punto, però, ho sentito il bisogno di decidere per me stessa. In quel caso mi sono fermata, cercando una soluzione che potesse essere il viaggio, ma in un posto scelto da me. E soprattutto, in quel momento avevo proprio bisogno di casa. Non é detto, però, che uno debba rimanere nello stesso posto per sempre: “io sono un po’ un’anima in pena, nel senso che oggi sto bene qui e domani invece voglio andare da un’altra parte, quindi ora come ora non mi sento ancora nel posto definitivo, nel senso che non sono sicura di passare qua il resto della mia vita”. Con una famiglia è più complicato viaggiare, per esempio non posso andare via sei mesi come facevo prima, ma si può viaggiare lo stesso. Io ho viaggiato molto con mia figlia da sola, per esempio con lei sono stata a Zanzibar, in Portogallo, a Londra. É un altro modo di viaggiare: più responsabile e meno improvvisato, ma come vedete si può fare.
Quando sei partita a vent’anni, qual era la tua idea di viaggio?
All’avventura: “quello che non sai cosa andrai a fare”. Sono poi partita per lavoro non sapendo nemmeno di preciso in cosa consistesse quell’attività, sapevo si trattasse di turismo, ma io non ero mai stata in un villaggio turistico. Tutti i miei viaggi sono quindi sempre stati così, all’avventura e alla scoperta dell’ignoto, fino all’arrivo di mia figlia, quando sono diventata più responsabile. Viaggiando, inoltre, ho stretto molte amicizie, di conseguenza posso nominare un posto del mondo e dire “forse lì ho qualcuno”. Ogni stagione mi ha regalato un’amicizia importante.
Se siete interessati a questo progetto, ecco a voi i link: