Marco continuava a controllare il foglietto che gli era stato lasciato dalla moglie. Nella pausa pranzo, nella loro piccola merceria del paese, sua moglie Alice era solita fare il mattino, per avere poi l’intero pomeriggio da trascorrere con i figli, che sarebbero rientrati da scuola. Lui, allora, vi si recava verso mezzogiorno, per darle il cambio per l’ultima mezz’ora di lavoro e fare una passeggiata nella pausa: era solito, infatti, fare un’abbondante colazione e saltare il pranzo. Arrivato in negozio, dopo aver servito qualche cliente e risposto ad un paio di telefonate, aveva finalmente letto il biglietto che Alice gli aveva lasciato sul tavolo. Servivano, entro la prossima settimana, quaranta confezioni di bolle di sapone.
Il loro era un paesino piccolo, in prossimità delle montagne e, una richiesta del genere, non era mai arrivata. Incuriosito anche se un po’ scettico, aveva chiesto nuovamente conferma ad Alice: «Amore ma sei proprio sicura? Non è che succede come quella volta che ci hanno fatto comprare centinaia di palloncini che ci hanno poi beatamente lasciato in negozio, facendoci perdere i soldi della vendita?». La moglie, tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla destra rialzata, mentre scolava la pasta per i figli, sbuffando, aveva risposto: «Ancora con questa storia? È successo solo una volta. Mai che ti fidi. È arrivata questa ragazza e mi ha chiesto le bolle, cosa le dovevo dire? No? Le dovevo fare l’interrogatorio forse?». Al fine di evitare altre discussioni, Marco aveva riagganciato. Perplesso, ma rassicurato dal fatto che la colpa non sarebbe ricaduta su di lui ma sulla moglie, in caso di uno scherzo come era sicuro che si trattasse, aveva fatto l’ordine. Poi si era alzato ed era andato a passeggiare.
Quello stesso pomeriggio, un giovane uomo, mai visto nel paese, entrò con fare cortese, nella merceria. «Ciao, volevo chiedere se per caso aveste delle bolle di sapone». Marco, ridacchiando, prese gli ultimi esemplari e glieli porse. «Me ne servirebbero molti di più: potrei ordinare delle confezioni? Ne vorrei, diciamo, fammi fare un calcolo… almeno una decina.» «Mi scusi signore, ma all’interno di ogni confezione vi sono dieci pezzi. È sicuro di volerne cento in tutto?» «Sì, la ringrazio.» Marco, sempre più attonito, ordinò altre dieci confezioni. Quel sabato gli sarebbero arrivate cinquanta confezioni di bolle: 500 pezzi in tutto. Ricordò al cliente di presentarsi di buon mattino perché, come poteva vedere, il negozio era piccolo e sarebbero dovuti arrivare anche altri ordini. Il cliente, ringraziandolo, uscì. Con il passare dei giorni, Alice e Marco tornarono più volte sull’argomento, quasi divertiti dalla strana coincidenza.
È giunto il giorno. È un sabato, sono le otto del mattino quando arrivano le cinquanta confezioni di bolle. Come ogni sabato mattina, nel negozio ci sono tutti: Marco, Alice e i tre figli piccoli. Alle dieci in punto, orario di apertura, fuori dalla porta del locale, il giovane uomo, Carlo, chiacchiera con Carolina e sua madre Ambra. Marco, sollevato dalla loro presenza, e felice di aver fatto un bell’affare quel giorno, chiede: «Ecco a voi le vostre confezioni di bolle. Ma toglietemi una curiosità, ve ne prego: cosa ve ne fate di cinquecento bolle?» Il primo a parlare è Carlo: «Ah ma semplicissimo, la mia confezione andrà all’asilo di mia figlia, dove tra poco ci sarà al festa di fine anno.» Prende poi la parola la signora Ambra: «Ammetto che una delle quaranta confezioni ordinate da mia figlia serva a me: lavoro in una casa-famiglia e per i bambini è sempre divertente giocare con le bolle, è una delle attività più attese della settimana!» Carolina, intanto, si era avvicinata ai figli dei proprietari del locale: «Alla fine è sempre per loro. I bambini sono uguali in tutto il mondo: prendi delle bolle e li farai felici, increduli, meravigliati! I bambini sono tutti uguali, è il loro passato ad essere sempre diverso. Queste ben trentanove confezioni di bolle verranno con me in missione, per portarle ad un campo profughi al confine con la Siria.» E così, in una piccola merceria alle pendici di una catena montuosa, una bambina di nome Elisabetta, figlia di Alice e Marco, i proprietari del locale, apriva la sua piccola borsetta rosa ed estraeva un piccolo peluche e lo porgeva a Carolina, per portarlo ai bambini che avrebbe incontrato, senza dire nulla, con discrezione, dando una lezione di vita incredibile a tutti i presenti, come, a volte, solo i bambini sanno fare.
Bubbles
Marco kept checking the piece of paper his wife had left for him. In their small haberdashery, his wife Alice used to do the morning shift in order to spend the whole afternoon with the children, who would come back from school. So, he usually went there around noon in order to take over for her in the last half hour of work and take a walk during the break: he used to eat a rich breakfast and skip lunch. Once he arrived in the shop, after serving a few customers and answering a couple of phone calls, he finally read the note Alice had left on his table. Forty packages of soap bubbles were needed by next week.
They lived in a small village close to the mountains and they had never had such a request. Intrigued, even if a bit sceptical, he asked Alice again for confirmation: “Honey, but are you sure? Is it not like that time when they made us buy hundreds of balloons and then left them in the shop, making us lose money from the sale?”. His wife, holding her mobile phone between her ear and her raised tight shoulder as she drained pasta for her children, huffing, had replied: “Again with that? It has only happened once. Never that you trust. This girl came and asked me for bubbles, what was I supposed to tell her? No? Should I have questioned her maybe?”. In order to avoid further discussion, Marco had hung up. Puzzled, but reassured by the fact that the blame would not fall on him but on his wife, in case of a prank as he was sure it was, he had placed the order. Then he had got up and gone for a walk.
That same afternoon, a young man, never seen in the country, entered the haberdashery with a polite manner. “Hi, I wanted to ask if you had any soap bubbles, by any chance,” he said. Marco, chuckling, took the last few and handed them to him. “I could use a lot more: could I order some packages? I’d like, say, let me calculate… at least a dozen.” “Excuse me sir, but inside each packet are ten pieces. Are you sure you want a hundred in all?” “Yes, thank you.” Marco, increasingly astonished, ordered ten more packs. That Saturday he would receive fifty packs of bubbles: 500 pieces in all. He reminded the customer to come early in the morning because, as he could see, the shop was small and more orders were due to arrive. The customer, thanking him, left.
As the days passed, Alice and Marco spoke about it several times, almost amused by this strange coincidence. The day has come. It is a Saturday; it is eight o’clock in the morning when the fifty packs of bubbles arrive. Like every Saturday morning, everyone is in the shop: Marco, Alice and their three young children. At ten o’clock, the opening times, outside the door of the shop, a young man, Carlo, talks with Carolina and her mother Ambra. Marco, relieved by their presence, and happy to have made a good deal that day, asks: “Here are your bubble packs. However, satisfy my curiosity: what do you do with five hundred bubbles?” The first to speak is Carlo: “It is very easy for me, my packet will go to my daughter’s kindergarten, where there will soon be an end-of-year party”. Mrs. Ambra then takes the floor: “I admit that among the forty packages ordered by my daughter, one is for me: I work in a family home and it is always fun for the children to play with bubbles, it is one of the most awaited activities of the week!” Carolina, meanwhile, had approached the children of the club owners: “In the end it is always for them. Children are the same all over the world: you get bubbles and you make them happy, incredulous, amazed! Children are all the same, it is their past that is always different. These thirty-nine packages of bubbles will go with me on a mission, to take them to a refugee camp on the border with Syria”. And so, in a small haberdashery on the slopes of a mountain range, a little girl called Elisabetta, Alice and Marco’s daughter, the owners of the shop, opened her small pink handbag and took out a small soft toy and handed it to Carolina, to take to the children she would meet, without saying anything, discreetly, giving an incredible lesson in life to all those present, as, sometimes, only children know how to do.
Bulles
Marco ne cesse de consulter le bout de papier que sa femme lui a laissé. Dans leur petite mercerie du village, Alice, sa femme, travaillait le matin, puis passait tout l’après-midi avec les enfants, qui revenaient de l’école. Il s’y rendait ensuite vers midi, pour la soulager pendant la dernière demi-heure de travail et se promener pendant la pause : il prenait un petit déjeuner copieux et sautait le repas de midi. Arrivé à la boutique, après avoir servi quelques clients et répondu à quelques appels téléphoniques, il lit enfin la note qu’Alice a laissée sur sa table. Quarante paquets de bulles de savon étaient nécessaires pour la semaine prochaine.
C’était un petit village, près des montagnes, et une telle demande n’avait jamais été formulée. Intrigué, mais un peu sceptique, il demande à nouveau confirmation à Alice : “Mon amour, mais es-tu vraiment sûre ? Ce n’est pas comme la fois où ils nous ont fait acheter des centaines de ballons et où ils les ont béatement laissés dans le magasin, nous faisant perdre l’argent de la vente ?”. Sa femme, qui tenait son téléphone portable entre son oreille et son épaule droite relevée, tout en égouttant des pâtes pour ses enfants, avait répondu en soufflant : “Encore ça ? Ce n’est arrivé qu’une fois. Jamais de confiance. Cette fille est venue me demander des bulles, qu’est-ce que je devais lui dire ? Non ? J’aurais dû l’interroger peut-être ?”. Afin d’éviter toute discussion supplémentaire, Marco avait raccroché. Perplexe, mais rassuré par le fait que la faute ne retomberait pas sur lui mais sur sa femme, en cas de farce comme il en était sûr, il avait passé la commande. Puis il s’était levé et était allé se promener.
L’après-midi même, un jeune homme, jamais vu dans le pays, entre dans la mercerie avec des manières polies. “Bonjour, je voulais vous demander s’il ne vous restait pas des bulles de savon, par hasard”, dit-il. Marco, en riant, prend les dernières et les lui tend. “J’en aurais besoin de beaucoup plus : pourrais-je commander des paquets ? Je voudrais, disons, laissez-moi calculer… au moins une dizaine.” “Excusez-moi monsieur, mais chaque paquet contient dix pièces. Vous êtes sûr d’en vouloir cent en tout ?” “Oui, merci”. Marco, de plus en plus étonné, commande dix autres paquets. Ce samedi-là, il recevra cinquante paquets de bulles, soit 500 pièces en tout. Il rappelle au client de venir tôt le matin car, comme il le voit, le magasin est petit et d’autres commandes vont arriver. Le client, en le remerciant, sort.
Au fil des jours, Alice et Marco reviennent plusieurs fois sur le sujet, presque amusés par cette étrange coïncidence. Le jour est venu. C’est un samedi, il est huit heures du matin lorsque les cinquante paquets de bulles arrivent. Comme tous les samedis matin, tout le monde est dans la boutique : Marco, Alice et les trois jeunes enfants. A dix heures, heure d’ouverture, devant la porte du magasin, le jeune homme, Carlo, discute avec Carolina et sa mère Ambra. Marco, soulagé de leur présence et heureux d’avoir fait une bonne affaire ce jour-là, demande : “Voici vos paquets de bulles. Mais je vous demande une curiosité : que fait-on avec cinq cents bulles ?”. Le premier à parler est Carlo : “Ah mais c’est très simple, mon paquet ira à l’école maternelle de ma fille, où il y aura bientôt une fête de fin d’année”. Mme Ambra a ensuite pris la parole : “J’avoue que sur les quarante paquets commandés par ma fille, un était pour moi : je travaille dans un foyer d’accueil et c’est toujours amusant pour les enfants de jouer avec des bulles, c’est une des activités les plus attendues de la semaine !”. Carolina, quant à elle, s’est adressée aux enfants des propriétaires du club : “Finalement, c’est toujours pour eux. Les enfants sont les mêmes partout dans le monde : vous avez des bulles et vous les rendez heureux, incrédules, émerveillés ! Les enfants sont tous les mêmes, c’est leur passé qui est différent. Ces trente-neuf paquets de bulles vont partir avec moi en mission, pour les emmener dans un camp de réfugiés à la frontière de la Syrie”. Et c’est ainsi que, dans une petite mercerie sur les pentes d’une chaîne de montagnes, une petite fille nommée Elisabetta, fille d’Alice et Marco, les propriétaires de la boutique, ouvre son petit sac à main rose et en sort une petite peluche qu’elle tend à Carolina, pour qu’elle l’apporte aux enfants qu’elle rencontrera, sans rien dire, discrètement, donnant une incroyable leçon de vie à tous ceux qui sont présents, comme, parfois, seuls les enfants savent le faire.